Il tatuaggio
Ma come è fatto un tatuaggio? Come affrontare la rimozione?
Negli ultimi 20 anni la body art, piercing e tatuaggi innanzitutto, ha raggiunto enorme popolarità ed espansione nei paesi occidentali. Si stima che la percentuale complessiva dei tatuati oscilli tra il 10 e il 20% a seconda del paese analizzato; considerando poi l’età, i valori raggiungono un range tra il 15 e il 25% nei giovani, i quali scelgono di fare il loro primo tatuaggio all’età di 16-20 anni. In Europa ci sono approssimativamente 100 milioni di adulti tatuati, di cui il 36% in età inferiore ai 40 anni.
Per quanto riguarda l’Italia, da un sondaggio effettuato nel 2015 dall’Istituto Superiore della Sanità è emerso che erano quasi 7 milioni le persone tatuate, pari al 12,8% della popolazione complessiva; di questi il 29,9% in età fra 35 e 44 anni e il 7,7% minorenni. Se la stima fosse fatta al giorno d’oggi sicuramente avremmo valori molto più elevati.
A lungo percepito come forma di espressione ribelle, appannaggio di alcune frange sociali isolate, il tatuaggio ha lasciato alle spalle la sua immagine anticonformista per rientrare in una normalità universalmente accettata e riconosciuta come tale; a volte puro strumento di decorazione, più spesso espressione della storia personale, di un sentimento, di uno stato d’animo, dell’esigenza di comunicare qualcosa agli altri.
Se molteplici sono le ragioni che spingono al tatuaggio, tante sono anche quelle che inducono a volerlo cancellare; talvolta si tratta di un capriccio: ci si stanca del vecchio e si vuole cambiare, talvolta ha perso la sua ragione d’essere, perché esprimeva un sentimento che non esiste più, talvolta purtroppo la mala riuscita dell’esecuzione rende quasi necessaria la sua rimozione.
La tecnica del tatuaggio
Gli inchiostri per tatuaggi sono costituiti da particelle di pigmento di dimensioni comprese fra 10-6m (microparticelle – un milionesimo di metro) e 10-9m (nanoparticelle – un miliardesimo di metro) veicolate da un solvente, che ha la funzione di distribuire in modo uniforme il pigmento nella matrice fluida, di prevenirne l’agglomerazione e di favorire l’inoculazione nella cute. I pigmenti, a differenza dei coloranti (composti chimici solubili) sono generalmente resistenti alla decomposizione per effetto di agenti fisici, chimici e biologici e questo spiega perché, una volta iniettati nella pelle, tendono a rimanervi in modo permanente.
A seconda della loro natura e origine si dividono in tre gruppi di pigmenti:
- Pigmenti di origine vegetale
- di origine inorganica
- e di origine organica di sintesi, per la maggior parte molecole organiche sintetiche, pigmenti azoici e composti policiclici.
Gli organici rappresentano oggi l’80% dei pigmenti usati per i tatuaggi, poiché hanno numerosi punti di forza, quali l’elevato potere di colorazione, la resistenza alla luce, la resistenza enzimatica, la bassa dispersione, una gamma di colori vastissima e costi produttivi relativamente bassi.
I pigmenti all’interno del corpo
Biopsie random effettuate su tatuaggi vecchi dimostrano la presenza di pigmento nel derma profondo, rispetto ad una localizzazione più superficiale di quelli recenti. È presumibile quindi che col trascorrere del tempo ci sia uno spostamento di particelle di pigmento più in profondità, con conseguente lieve scolorimento del tatuaggio. Numerosi autori concordano nel fatto che molto probabilmente le piccole particelle di pigmento, una volta raggiunto il derma, vengano incorporate nei fibroblasti (cellule presenti nel derma) e che un importante network di elementi tissutali connettivali li circondi, con la funzione di inglobare in una sorta di reticolo ogni singola cellula e renderla fissa e immobile. Si presume che le particelle più grandi restino nel derma, ma qualsiasi processo in grado di ridurne la dimensione comporterà un calo della loro concentrazione.
Nella cute, in sostanza, si verificano complesse reazioni che attivano il sistema immunitario ed enzimatico, avviando processi di rottura e trasporto. È quindi possibile, con tempistiche variabili, che, subito dopo l’esecuzione di un tatuaggio oppure nel corso di anni, frazioni di piccole particelle, così come altri elementi liberati e prodotti derivati dalle molecole di pigmento, possano lasciare il derma. I linfonodi regionali potrebbero rappresentare il maggiore organo di passaggio prima che alcuni componenti degli inchiostri possano raggiungere il torrente circolatorio, ma addirittura, per le sostanze più solubili, è anche possibile una distribuzione diretta nella circolazione generale.
Eliminazione delle nano-particelle
Di conseguenza queste sostanze possono raggiungere altre regioni anatomiche, quali fegato, milza e reni, ed ivi depositarsi od essere escreti attraverso i reni o il sistema gastro-intestinale. In alcuni studi effettuati su topi le nano-particelle di inchiostro sono state individuate in organi come il fegato e la milza appena 24 ore più tardi dalla loro inoculazione nel derma, suffragando così l’ipotesi di una possibile distribuzione in tutto il corpo, oltre che nei linfonodi regionali. Tuttavia, tranne che per il trasporto dei pigmenti ai linfonodi, tutti gli altri processi di trasporto e le eventuali sedi anatomiche target non sono mai state documentate nell’uomo.
La letteratura al riguardo è estremamente carente e possiamo affermare che ad oggi non si conoscono gli esatti meccanismi che regolano la distribuzione e i processi metabolici e organici che intervengono sui pigmenti dopo l’esecuzione del tatuaggio. Approfondire e chiarire rappresenta sicuramente una grande sfida della ricerca odierna.